Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

La ricerca dell’autenticità


La ricerca dell’autenticità

Vero Sé e Falso Sé: una dialettica possibile



La ricerca dell’autenticità



 Per comprendere appieno la natura del falso Sé, è necessario conoscere in che modo Winnicott ha definito il concetto di vero Sé. Nelle fasi precoci di sviluppo il vero Sé corrisponde alla sede dei movimenti spontanei e dell’ideazione individuale  e si manifesta nel gesto creativo e nella sensazione di essere nella realtà. Il falso Sé si esprime, invece, nell’immagine di ciò che si vorrebbe o si dovrebbe essere, senza tener conto della realtà effettiva, né del veritiero nucleo spontaneo della persona e promuove, perciò, sentimenti di irrealtà e inutilità. Il vero Sé è la vitalità del corpo, dei suoi organi e della sua naturalità, laddove il falso Sé ne rappresenta la rinuncia (parziale o totale) nel tentativo di raggiungere un compromesso con l’ambiente.Il vero Sé, per Winnicott, ha inizio molto precocemente, in coincidenza con le prime esperienze senso-motorie ed è pertinente parlare di vero Sé riferendoci al bambino molto piccolo, in quella  fase di dipendenza assoluta dalla madre. Quando il vero Sé ha trovato lo spazio per essere una realtà vitale, lo sviluppo naturale procede e l’Io si organizza adattandosi all’ambiente. Normalmente, il bambino sviluppa la capacità del compromesso, ovvero la capacità di essere compiacente senza tradire il proprio nucleo. Si adatta, quindi, all’ambiente usando un “modo di fare sociale”[1], ma nel momento in cui il compromesso diventa inammissibile, il vero Sé dell’individuo è in grado di rinunciare alla compiacenza ed esprime la propria spontaneità. La difesa che il falso Sé mette in atto per difendere l’autenticità del vero Sé, può presentarsi in vari gradi, in un continuum che va dall’aspetto compiacente socialmente adattato al falso Sé scisso e dolorosamente scambiato per integro. L’individuo sano, che possiede un’organizzazione a livello simbolico, può essere compiacente e allo stesso tempo conservare intatte creatività e spontaneità., mentre negli individui con una forte scissione tra falso Sé e vero Sé, la capacità di usare simboli è compromessa, così come quella creativa. 



La ricerca del vero Sé

A. Miller evidenzia l’esigenza di molti pazienti di sperimentare un migliore contatto con la realtà e con se stessi.

L’adattamento ai bisogni dei genitori, in molti casi, ha annullato l’opportunità di prendere contatto con i propri sentimenti e l’unica possibilità sembra essere quella di comportarsi secondo le aspettative degli altri, ma la conseguenza è una sensazione di vuoto e di inutilità. Per A. Miller la difficoltà ad entrare in contatto con le proprie emozioni profonde e di viverle pienamente deriva dalla permanenza del legame, ossia dal fatto che “i genitori hanno trovato nel falso Sé del bambino la conferma che cercavano, un sostituto alla sicurezza che a loro mancava, e il bambino, che non ha potuto costruirsi una propria sicurezza, dipenderà dapprima consciamente e in seguito in modo inconscio dai genitori” [2]

Perché si possa recuperare un sano sentimento del Sé, ossia “la sicurezza incrollabile che i sentimenti e i desideri provati appartengono al proprio Sé” [3], è necessario, in primis, creare uno spazio in cui sia possibile per la persona elaborare il lutto di aver dovuto sacrificare parti di Sé pur di non perdere l’amore dei genitori. In questo modo il vero Sé è sempre più libero di emergere dai vincoli dei bisogni genitoriali e di manifestarsi nella propria autenticità. Molto probabilmente ci sarà, in questo percorso il dolore, la rabbia e il timore di essere ferito e respinto, ma anche la crescente consapevolezza di Sé, delle proprie capacità e della possibilità di difendersi per raggiungere l’autonomia. Un forte sentimento di umiliazione accompagna il palesarsi dell’ambivalenza delle emozioni, ovvero lo “scoprire di non essere soltanto buoni, comprensivi, generosi, controllati e soprattutto privi di esigenze […]. Non sempre siamo così colpevoli come ci sentiamo, ma d’altro lato non siamo neppure così innocenti come ci piacerebbe credere” [4]. 



Desidero concludere questo saggio con alcune riflessioni personali derivate dall’approfondimento di questo autore. 

Innanzitutto ritengo che le intuizioni sviluppate da Winnicott siano ancora impressionanti e straordinariamente attuali, sia per comprendere l’importanza del delicato sviluppo infantile, sia per poter dare una lettura sociologica di molti fenomeni che si osservano nella quotidianità. Oggi più che mai emerge, infatti, una situazione sociale che evidenzia come il falso Sé sia più che mai attivo e soprattutto, molto spesso assolutamente sintonico con la persona. Sempre di più si osserva un massiccio investimento energetico nel raggiungimento e nel mantenimento di un ruolo e di un’identità prestigiosa che si realizza però, non attraverso lo sviluppo e la valorizzazione delle proprie caratteristiche peculiari, ma semmai  della ricerca di quelle caratteristiche socialmente ritenute desiderabili e rappresentative di una realizzazione personale. In questo senso c’ è un movimento verso un’omologazione, anziché verso un individualizzazione. Tale processo è chiaramente visibile nell’uniformazione a canoni di bellezza rigidamente definiti, nella maniacale attenzione all’estetica e nell’ostentazione dei simboli universalmente accettati come rappresentativi del successo dell’Ideale che intendiamo raggiungere. Questi sono chiaramente i sintomi di una società profondamente narcisistica, ma il problema maggiore riguarda essenzialmente la sintonia che spesso li accompagna. Uno stile di vita che sacrifica la spontaneità e che obbliga a sacrifici ( abiti scomodi, alterazione dei personali ritmi naturali e bisogni corporei, modificazione del proprio regime alimentare e fabbisogno nutritivo, ecc…), non viene più nemmeno percepito dissonante o anomalo. Le persone possono essere stressate, depresse, ansiose, soffrire di attacchi di panico, somatizzare numerose patologie, sperimentare cali del desiderio sessuale o relazionale, ma senza portare mai alla coscienza la possibilità che esista un nesso tra la negazione dei propri  reali bisogni e la manifestazione di tutta una gamma di disagi socio psico fisici. In molti casi ciò che si determina è un attaccamento morboso all’Ideale si Sé, mosso, non dal piacere, ma dalla paura di sentire il vuoto sottostante. Possono essere esemplificativi casi  di manager che lavorano l’intera giornata o che non sono in grado di entrare nell’età pensionabile, o insospettabili cittadini che, svestite le spoglie di onorati membri della società, nascondono una seconda vita spesso ombrosa che viene vissuta (ma mai pensata) in forma totalmente scissa e dunque avulsa da qualunque possibile integrazione. Conoscere Winnicott ci aiuta quindi a ricordare l’esistenza del nostro nucleo autentico, per non tradire noi stessi e sentire che la vita può avere per noi un senso ben più ampio e profondo di quello che magari viviamo. 



Bibliografia

·         M. Davis e D. Wallbridge, “Introduzione all’opera di Donald D. Winnicott: Spazio e confine” ed. Psycho, Firenze.

·         Opere di Winnicott citate e estratte da M. Davis e D. Wallbridge, “Introduzione all’opera di Donald D. Winnicott: Spazio e confine” ed. Psycho, Firenze

-         D. W. Winnicott “The theory of parent- infant relationship” Hogarth Press, London, 1960.

-          D. W. Winnicott “Further thoughts on babies as persons” Hogarth Press, London, 1947

-          D.W. Winnicott “The development of the capacityfor Concern” in “The maturational processes and the faciliating environment. Hogarth Press, London. Clarke Irwin and. Co. Ltd., Toronto,1965.

-          D.W. Winnicott “Communication Between Infant and Mother, Mother and Infant, Compared and Contrasted” in “What in Psychoanalyisis?”.The Institute of Psycho Analysis, Balliere,Tindall and Cassel, London, 1968.

-          D.W. Winnicott. “La capacità di stare da soli”, 1958 in “The Maturational Processes and the Facilitatine Environment Hogarth Press, London. Clarke Irwin and. Co. Ltd., Toronto,1965.

-          D. W. Winnicott “Ego Integration in Child Development” “L’integrazione dell’Io nello Sviluppo Infantile” in “The Maturational Processes and the Facilitatine Environment Hogarth Press, London. Clarke Irwin and. Co. Ltd., Toronto,1965.

·         A. Lowen  “Il narcisismo: l’identità rinnegata”, ed. Feltrinelli, 1983.

·         A. Miller “Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé. Riscrittura e continuazione” Torino, ed. Bollati, Boringhieri, 1996.



 




 

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