Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

La respirazione cellulare: funzione biologica della vita


La respirazione cellulare: funzione biologica della vita

La vita è adattamento, movimento, trasformazione. In altre parole, dalla forma di vita più elementare, fino all’’organismo più complesso,



 



si definisce vivente ciò che “compie lavoro”. Ogni singola cellula di qualunque organismo, infatti, espleta tale funzione attraverso innumerevoli modalità: il movimento, la riproduzione, persino il semplice mantenimento della struttura interna è frutto di un continuo lavoro senza il quale, considerando l’instabilità dell’organismo vivente e la tendenza all’entropia, non esisterebbe vita. Perchè ciò si verifichi è necessario un costante apporto di energia ad un corpo che, nel caso degli animali, si ricava da un’alimentazione a base di altri animali o di piante. Affinché le cellule siano però in grado di utilizzare l’energia contenuta negli alimenti è essenziale che vi sia la respirazione, un processo catabolico nel quale l’ossigeno introdotto nell’organismo è impiegato come reagente. Come afferma Campbell “La respirazione è, come principio, simile alla combustione della benzina nei motori delle automobili, dopo che l’ossigeno si è miscelato con il carburante (idrocarburi)”[1]. Senza entrare nei dettagli della glicolisi, del ciclo di Krebs, della catena di trasporto degli elettroni e della fosforilazione ossidoriduttiva[2], è importante comunque che si comprenda la reazione:  



composti organici + ossigeno

biossido di carbonio + acqua + energia



 In assenza di respirazione verrebbe a mancare qualunque tipo di reazione metabolica e quindi non sarebbe possibile la sopravvivenza. L’ossigeno, una volta introdotto, viene trasportato nell’organismo insieme a tutte le sostanze nutritive attraverso il sangue, che ossigena e alimenta adeguatamente tutti i tessuti del corpo.  E’ per questa ragione che, ad esempio, durante un allenamento sentiamo la necessità di respirare in modo più frequente e il nostro cuore pompa rapidamente in circolo il prezioso fluido. Esiste quindi una relazione tra la gittata sanguigna e l’eccitazione di un organismo vivente, perché più il sangue “nutre” il corpo, più questo pulsa di vitalità. Tale fenomeno può essere spiegato dal punto di vista biologico con l’aumento della produzione di energia. Come fa notare Lowen “lo stato di eccitazione di una persona è sempre visibile nel corpo. A un alto grado di eccitamento (piacevole, n.d.a), più sangue affluisce in superficie, gli occhi brillano, il tono muscolare migliora, i movimenti sono più spontanei, le mani più calde, il cervello più attivo e il cuore può battere più velocemente. Nella morte, gli occhi diventano spenti e vitrei, il corpo non si muove più e la pelle si fa bianca e fredda.”[3] Non sempre però uno stato di eccitazione corrisponde ad una condizione positiva per un organismo. Come abbiamo detto, in uno stato di euforia, il cuore pulsa il sangue fortemente, ma anche uno stato di profonda paura o di autentico terrore possono gettare il cuore in un moto furioso, ma in questo caso il corpo può impallidire, irrigidirsi o sussultare in maniera scoordinata. In entrambi i casi si verifica un aumento della reattività del soggetto alla situazione, resa possibile dall’afflusso sanguigno e dall’ossigenazione che ciò comporta, ma quello che cambia, nelle due situazioni, è la differente direzione che prende la gittata sanguigna: nel caso di un’eccitazione positiva il sangue sale verso la superficie, ossigenando la pelle, nel secondo caso invece il sangue si allontana dalla superficie corporea. Per usare le parole di Lowen “ L’eccitazione positiva si ha nelle situazioni piacevoli. Il corpo è in uno stato di espansione e la carica o eccitazione è forte in superficie.  L’eccitamento negativo si sprigiona in situazioni di paure e pericolo. Il corpo è contratto e l’energia[4] si ritrae dalla superficie. Anche il respiro è diverso nei due momenti. Nelle condizioni di piacere, il respiro è profondo, tranquillo, relativamente lento; non è mai affaticato, poiché una respirazione faticosa è piuttosto un segno di angoscia. Invece, quando una persona è terrorizzata o soffre per un dolore, il respiro è debole, forzato e rapido”[5] Effettivamente, dal punto di vista biologico, il ritiro del sangue verso l’interno ha anche lo scopo adattivo di evitare un dissanguamento nel caso il pericolo ambientale fosse costituito dall’attacco di un animale che può ferire gravemente il soggetto. Quando ci si trova in situazioni di pericolo quindi si impallidisce e istintivamente si blocca il respiro o si respira comunque a fatica.  Per Lowen è fondamentale, quindi, conoscere l’ambiente (fisico, emotivo e relazionale) di una persona poichè “ l’afflusso del sangue e dei fluidi dell’organismo verso la superficie o verso il centro del corpo rappresenta la reazione all’ambiente. Se l’ambiente è più accogliente, positivo e sicuro, il sangue affluirà rapidamente in superficie e l’individuo si aprirà verso l’esterno per stabilire un contatto. (…). Ogni dolore, più o meno profondo, provoca il deflusso del sangue dalla periferia al centro, sovraccaricando il cuore e producendo una sensazione di oppressione e disperazione.” [6]  L’ossigenazione dei tessuti, inoltre, poiché segue il principio di conservazione, preserva con ogni mezzo la sopravvivenza dell’organismo e distribuisce l’ossigeno non in maniera uniforme, ma seguendo delle priorità. Il primo organo a necessitare costantemente e con assoluta priorità il rifornimento di ossigeno è il cervello, che da solo richiede circa l’80% del fabbisogno totale. Bastano pochi minuti di assenza perché il cervello subisca dei danni irreversibili, compromettendo di conseguenza la salute dell’intero organismo e mettendone a serio rischio la sopravvivenza. E’ questo il motivo per il quale, quando si verifica una condizione di carenza di ossigeno, la persona tende a svenire. La perdita dei sensi, portando il corpo in posizione distesa, facilita l’ossigenazione della testa, più di quella che si otterrebbe se il corpo si mantenesse eretto.  Senza arrivare alla situazione estrema della perdita dei sensi, l’assenza di un buon quantitativo di ossigeno, o più semplicemente l’allontanamento della circolazione sanguigna dalla superficie corporea, è comunque responsabile di una diminuzione delle sensazioni corporee. Ciò appare evidente quando ci si trova in un ambiente esterno eccessivamente freddo. Non appena si rimane esposti al freddo, il corpo tende a divenire bluastro, il freddo comincia a togliere sensibilità e ad anestetizzare progressivamente le estremità del corpo proprio perché il sangue fluisce verso l’interno del corpo a garantire il funzionamento degli organi più interni, “sacrificando” progressivamente la periferia. Nella situazione opposta il corpo tende invece ad assumere una colorazione viva, fino ad arrivare a toni paonazzi, il sangue scorre più in superficie e le sensazioni periferiche sono più acute. Si pensi ad esempio quando si resta eccessivamente esposti al sole e la pelle diventa molto più colorita ed estremamente sensibile, o più semplicemente si noti come le parti del corpo dove il sangue affluisce molto vicino alla superficie, siano le più sensibili (labbra, lingua, capezzoli, organi genitali). Questa osservazione permette di intuire il meccanismo che sta alla base dei blocchi emotivi, che verranno trattati successivamente nel corso dell’esposizione. 

[1] Neil A. Campbell, “Biologia”, ed. Zanichelli, cap. 4, pag. 393 

[2] Per una attenta disamina dell’argomento rimando al libro di riferimento, op. cit. pag. 198- 206 

[3] Alexander Lowen “Amore, Sesso e Cuore”, ed. Astrolabio, cap.1, pag.13 

[4] Possiamo definire in questo senso il concetto loweniano di energia come risultante dei processi metabolici precedentemente illustrati, al fine di individuare una corrispondenza tra la teoria bioenergetica e l’individuazione dei meccanismi biologici sottostanti. (n.d.a) 

[5] Ibidem 

[6] Ibidem







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