Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

Il bullismo


Il bullismo

Il bullismo è prima di tutto un problema che in questi anni ha assunto una particolare rilevanza sociale, sia per l’aumento del numero dei casi registrati,


 sia per le diverse modalità con le quali si esprime. Ciò è reso possibile dall’utilizzo sempre più frequente delle tecnologie più sofisticate che permettono la divulgazione praticamente istantanea delle malefatte dei bulli, che acquistano in questo modo sempre più visibilità e ciò incoraggia la loro esaltazione, oltre ad aumentare il rischio di malsane emulazioni. Il bullismo, determina numerose ripercussioni sulla vittima, poiché può generare svariati disagi nella continuazione della sua vita quotidiana; queste reazioni possono andare da comportamenti di semplice evitamento di situazioni nelle quali la vittima può incontrare il suo persecutore, a situazioni che possono portare la vittima ad un isolamento sempre più grave, a depressione, fobie, e in alcuni casi estremi, al suicidio. Anche il bullo però rischia di scontare una pena nell’attuare le sue condotte violente; infatti, chi ha agito queste prevaricazioni in adolescenza, ha maggiori probabilità di incorrere, nell’età adulta ad una progressiva e costante carriera criminale. Ma come possiamo riconoscere una situazione di bullismo? Il bullismo ha delle caratteristiche ben definite: - deve esserci un’asimmetria di posizioni tra il bullo e la sua vittima, in altre parole il bullo è superiore alla vittima nello specifico settore nel quale agisce la violenza (più forte sul piano fisico, o più intelligente sul piano cognitivo, o più disinvolto nel caso si tratti del piano relazionale. Inoltre - deve essere volontario, cioè l’azione di violenza è voluta consapevolmente dal bullo che schiaccia la vittima laddove è più vulnerabile. Infine - deve essere ripetuto, ossia non è un evento occasionale, ma deve verificarsi con una certa regolarità. Inutile dire che le azioni dei bulli si ripercuotono sulle classi più deboli ed è molto frequente dunque la violenza razziale, sessuale e contro persone portatrici di handicapp. Non sempre chi commette queste malefatte è per forza un ragazzo proveniente da famiglie disagiate, anzi i fatti stanno dimostrando che spesso i bulli appartengono alle cosiddette famiglie “bene” e in ogni caso l’appartenenza ad una certa classe sociale non sembra essere una discriminante. Si riteneva inoltre che fosse un comportamento esclusivamente maschile, mentre oggi sono in aumento, anche se rappresentano ancora la minoranza del fenomeno, i casi di bullismo “al femminile”. Altro recente cambiamento, prima brevemente accenato, riguarda l’utilzzo della tecnologia che diviene il mezzo di trasporto privilegiato per diffondere filmati e fotografie che possono essere visti da migliaia di persone, andando a ferire una seconda volta, e in maniera ancora più dolorosa, la vittima del sopruso. Questo fenomeno viene definito cyber bullismo. Se vogliamo però comprendere il senso di questo malcostume è fondamentale aprire una riflessione anche sui modelli che questi ragazzi ricevono, poiché non è possibile isolare un fenomeno dal contesto dentro il quale si sviluppa, e il bullismo non fa eccezione. Basta accendere la televisione e vediamo che i modelli ammirati da molti sono persone che si affermano con la violenza, il ricatto, la prepotenza, ed è inutile citare dei nomi perché ciascuno può identificarne diversi. Se la morale che vige attualmente, apparentemente condanna, ma in altro modo fornisce visibilità e riconoscimento a persone di questo tipo, ecco che il bullismo diventa una reazione “adattiva” e in linea con ciò che la società richiede per fare successo, diventare qualcuno, essere riconosciuto. Anche certe situazioni più ristrette al nucleo familiare possono fornire modelli altrettanto distorti; per esempio un genitore che condanna il bullismo, ma agisce ad esempio mobbing nei confronti di un collega o prepotenze su altri membri della famiglia. In senso più ampio, inoltre, anche il ruolo di ciascun membro di una collettività fa la sua parte, perché il bullismo acquista maggior forza dove il controllo sociale è minore. E per controllo sociale non si intende solo quello delle forze di polizia adibite a questo, ma soprattutto ci si riferisce alla coscienza del singolo che dovrebbe intervenire qualora dovesse trovarsi in questa situazione. Quello che invece purtroppo avviene è che spesso che le persone sottovalutano o ignorano volutamente ciò che vedono, lasciando che questo fenomeno si propaghi nella assoluta indifferenza. Ricordiamoci che è comunque affare che ci riguarda, perché in futuro i casi di bullismo non segnalati potrebbero trasformarsi in situazioni ben più critiche con un maggior costo anche per tutta la collettività. Concludendo possiamo considerare il bullismo come espressione uno spicchio del mosaico che compone la nostra società e, anche se meno attraente di altre parti, non possiamo ignorarlo. Dr. Efrem Sabatti _ www.psicologobresciasabatti.it          

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