Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

Perchè non sono felice?


Perchè non sono felice?

Vuoi scoprire perchè fatichi a sentirsi felice? vuoi riconoscere le trappole che boicottano la tua felicità? leggi e scopri...



 



-          L’inganno della felicità



Una delle frasi che più frequentemente sento pronunciare in terapia è questa: “voglio essere felice.



Alla domanda concreta “cosa fai per essere felice?” ecco che emergono alcune delle più potenti trappole mentali e delle più limitanti tra tutte le tentate soluzioni fallimentari.



La prima grande manovra controproducente è quella di “pensare ossessivamente a ciò che mi potrebbe rendere felice.



Questo comportamento, non solo non mi porta a trovare soluzioni, ma spesso mi provoca un vuoto assoluto e l’altra tipica frase “ci penso in continuazione ma non so cosa potrebbe farmi felice”, ma può anche provocare frustrazione nella misura in cui ciò che, secondo me, potrebbe rendermi felice non lo posso avere.



In entrambi i casi, la trappola sta nel pensare, anziché nell’agire.



Alla domanda “non so cosa potrebbe piacermi” io generalmente rispondo con una contro domanda “e secondo te è più facile risponderti se ragioni o se provi?” perché, come diceva Mark Twain “supporre è bene, ma scoprire è meglio”.



Non so cosa potrebbe farmi felice.



Beh, ciò che non sai lo puoi scoprire.



Quante volte iniziamo qualcosa e, man mano ci rendiamo conto di quanto ci coinvolge, ci rapisce, ci rende felici?



E magari non l’avremmo mai detto prima di provare.



L’altra grande trappola nella quale incorrono le persone che cercano di essere felici è “cercare pensieri positivi nella mente” o ancora “cercare la felicità” come se fosse un tesoro da trovare.



Spesso, il tentativo di pensare a pensieri positivi, genera il paradossale effetto contrario.



Più mi sforzo di vedere il positivo e meno lo trovo e, anche se lo trovo, mi sembrerà sempre meno e miserrimo rispetto agli aspetti invece negativi.



Inoltre, un ‘altra grande obiezione e lamentela delle persone è che queste, pur sforzandosi, continuano ad avere un cervello che tende a pensare comunque sempre al peggio.



In realtà, da questo punto di vista, le persone hanno ragione,  quella di pensare in negativo è la modalità più “normale” per il nostro cervello, mentre la capacità di vedere l’aspetto positivo delle cose è una abilità che va costruita e rinforzata, così come la creazione (non la ricerca) della felicità.



 



-          Prima di tutto: cosa intendiamo per felicità?



In primis, però, è fondamentale definire cosa intendiamo per felicità.



Ecco le idee più fuorvianti sulla felicità, che alimentano la frustrazione.



L’idea divinizzata che ci si possa svegliare ogni giorno della propria vita con il sorriso stampato in volto e benedire ogni aspetto meraviglioso della propria vita, come nel cantico delle creature di San Francesco è abbastanza illusoria e fuorviante.



Così come l’idea che io possa svegliarmi felice di fare le stesse cose che, fino al giorno prima mi rendevano frustrato.





Se voglio provare emozioni nuove, devo fare cose nuove.



Infine, altra grande trappola della felicità, forse la più insidiosa, è l’idea che si tratti di una cosa da raggiungere e che una volta raggiunta rimanga stabile, come una sorta di condizione permanente.



In realtà, ciò che sperimentiamo sono momenti.



Proprio perché, siccome il corpo funziona sulle differenze, una condizione emotiva mantenuta nel tempo, semplicemente smetterebbe di essere percepita per un processo di abituazione.



Un po' come quando mettiamo la mano nell’acqua calda e dopo un po' non sentiamo più la sensazione di calore.



Quindi per provare la felicità dobbiamo accettare che se ne andrà presto (per poi ritornare, naturalmente).



Il processo che crea la felicità è come un atto del respiro: se cerco di trattenerlo lo perdo, se accetto di lasciarlo andare ritorna.



 



 



-          Io penso positivo… ed è per questo che sono infelice



Cercherò di analizzare più in dettaglio le varie trappole anticipate in precedenza che, involontariamente, portano la persona a perdere la felicità o a non viversela.



La prima grande trappola è proprio il pensiero positivo”.



Per anni si è fatto un grande investimento sul pensare positivo, nulla in contrario in senso teorico, ma è effettivamente molto difficile da attuare e, diciamo così, ci sono strade più facili per sperimentare la felicità.



In cosa consiste l’errore del pensare positivo?



Facciamo un piccolo esperimento.



Cerchiamo di trovare un’immagine positiva e piacevole e guardarla nella nostra mente per 5 minuti, senza pensare ad altro e senza farci distrarre da nessun altro pensiero o immagine.



È molto difficile, perché dominare il pensiero è sostanzialmente impossibile.



Per cui l’idea di usare come strumento per la ricerca di felicità proprio il pensiero significa investire su uno strumento che non riusciamo a padroneggiare.



È molto diverso e più efficace padroneggiare le azioni, ossia agire e lasciare che l’effetto di ciò che facciamo, quando ha buon esito, ci crei come riflesso una sensazione di felicità e soddisfazione.



Invece, purtroppo, la maggior parte delle persone infelici pensa, pensa tantissimo al perché è infelice, a cosa la potrebbe rendere felice, ma non fa l’unica cosa davvero importante: agire.





 



-          Siamo programmati al pessimismo… per sopravvivere





Purtroppo sì, siamo programmati ad essere di primo impulso pessimisti, anche se possiamo comunque fare qualcosa.



Prima di tutto però è necessario accettare che il nostro cervello è abituato per natura e sopravvivenza a cercare il pericolo ovunque.



Se fosse stato troppo fiducioso e “spensierato” molto probabilmente ci saremmo estinti… dobbiamo ricordare che il cervello è stato abituato a proteggerci in una modalità di lotta per la sopravvivenza e che, proprio per questo tende spontaneamente a cercare il negativo, per prepararsi a reagire.



La fortuna è che tale condizione, anche se innata, può essere contrastata e ridimensionata.



Come?



Attraverso l’azione e la verifica.



Se ci pensiamo bene, gli ottimisti agiscono di più, si lanciano, provano, mentre i pessimisti evitano, rimuginano, aspettano.



Sarà un caso?



In realtà non lo è poiché è solo l’azione che mi permette sia di verificare i timori e, in molti casi di ridimensionarli, sia di creare ottimismo attraverso la condizione di fiducia in me stesso che nasce dalla mia sensazione di essere in grado di affrontare le cose.



Come diceva Von Foester “se vuoi vedere impara ad agire”.



 



-          Programmati al miglioramento



Un altro aspetto ci porta, inizialmente a vedere le cose che non vanno bene è proprio quella che, per altri aspetti, è la nostra caratteristica migliore: la tendenza a migliorare.



La tendenza a migliorare, ci porta a “cancellare” in fretta dalla memoria tutto ciò che va bene e a ricordarci molto di più invece le cose che non vanno e che devono essere, per questa ragione, sistemate.



Pensate all’ultima discussione con il vostro capo che vi ha elogiato con 15 complimenti e poi vi ha fatto notare una cosa che invece non va bene e deve essere migliorata?



Quale vi ricorderete a distanza di tempo?



Molto probabilmente, nella maggior parte dei casi proprio quest’ultima, perchè il cervello è più attento a ciò che deve essere migliorato rispetto a quello che va già bene.



Questo, infatti, in termini evolutivi è più funzionale.



In altre parole il cervello si è evoluto per vedere cosa non va bene affinchè lo si possa migliorare, mentre ciò che già funziona diventa automatizzato e finiamo con il farlo in modo del tutto inconsapevole (come quando guidiamo l’automobile).



 



Per questa ragione “essere felici” non è affatto una condizione così semplice e soprattutto spontanea, ma va costruita con le azioni, con la curiosità, con le novità che inseriamo nelle nostre attività e, soprattutto non va cercata disperatamente.



 

Per saperne di più:

- "psicotrappole " G. Nardone

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