Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

La strategia di Tom Sawyer


La strategia di Tom Sawyer

Un noto imprenditore e ora personaggio televisivo affermava “se ti diverti significa che non stai lavorando bene”.



Questa esclamazione mi riportò alla memoria un’altra celebre frase che affermava “fai un lavoro che ti piace e non lavorerai neppure un giorno della tua vita”. Queste due riflessioni apparentemente contradditorie sono paradossalmente molto simili. Infatti presentano il concetto di lavoro da due prospettive molto diverse, ossia gli effetti di un lavoro mosso dal piacere contro il lavoro coercitivo e mosso dal senso di dovere o dalla forza di volontà. A volte è proprio una questione di punti di vista ed esistono strategie funzionali per vivere meglio il proprio lavoro o strategie fallimentari per renderlo infernale. Da un punto di vista imprenditoriale questo approccio indica il punto di partenza di un circolo virtuoso di un’azienda. Se non ci si focalizza sulla dimensione di inganno, profondamente carica di pregiudizi e profondamente orientata in senso negativo e consideriamo solo la necessità di perseguire un obiettivo nel miglior modo possibile, è profondamente diverso dire ad un sottoposto “lo devi fare perché io sono il capo e ti dico di farlo” o trovare un modo invece funzionale e magari divertente di ottenere lo stesso scopo. Da un punto di vista personale è possibile applicare alcuni divertenti e benefici “autoinganni” per perseguire un obiettivo in modo divertente e più appagante. Trovate che sia una cosa difficile? Eppure è il principio che si applica ad infiniti contesti della quotidianità. Lo sport… fai correre un ragazzino con l’unico scopo di perdere peso e sarà per lui un incubo. Mettilo a giocare una partita di calcio e correrà il triplo, perderà il triplo delle calorie, ma si divertirà da morire. Se ci divertiamo siamo disposti a faticare. La stessa cosa vale per il lavoro: siamo disposti a fare qualunque cosa, se pensiamo che la stiamo facendo per divertimento. Ci sono persone che hanno come hobby quello di passare l’intero fine settimana a zappare il proprio orto faticando sotto il sole per ore, o camminare interminabili ore in montagna e così via… ma provate a darglielo come obbligo e molti di loro, nel giro di poco tempo, inizieranno a sperimentare una perdita di piacere in questa attività. Magari, spontaneamente, avrebbero fatto il doppio di quello richiesto, ma trasformate un hobby in un’imposizione, trattatelo come un “lavoro” e inizieranno ad affiorare tutti i limiti di questo cambio di prospettiva. Un esempio di questi sottili equilibri tra piacere e fatica, scelta e costrizione, lavoro o hobby, ci viene da una delle pagine più belle e divertenti della letteratura per ragazzi (ma non solo): “Le avventure di Tom Sawyer” di Mark Twain. Tom viene obbligato per punizione a dipingere la staccionata nel suo giorno di riposo da scuola, il sabato. All’inizio la prospettiva è frustrante, proprio perché l’alternativa era invece di andare a giocare con gli amici. Come se non bastasse gli amici arrivano con l’intento di provocarlo e beffarsi di lui che deve lavorare, mentre loro sono liberi di divertirsi. Tom, mostrandosi sorpreso per le loro provocazioni, asserisce candidamente che lui non sta lavorando, anzi, è un piacere per lui. Mostrandosi felice, insinua gradualmente l’invidia nei suoi amici che gli chiedono di poter provare. Tom rifiuta e “cede” alla loro insistenza, acconsentendo a lasciarli dipingere al suo posto, solo in cambio di regali. Twain descrive così la divertente sequenza “Di lì a non molto, si avvicinò Ben Rogers; proprio il ragazzo, tra tutti quelli del villaggio, le cui prese in giro egli temeva di più (…) «Ehi, ciao! Ti trovi in un bell’impiccio, eh?» Nessuna risposta. Tom osservò la sua ultima pennellata con uno sguardo da artista; poi ripassò ancora una volta, dolcemente, il pennello e di nuovo esaminò il risultato, come prima. Ben gli corse accanto. Tom aveva l’acquolina in bocca a causa della mela, ma continuò a lavorare. Ben disse:  «Salve, vecchio mio; devi darti da fare, eh?»  «Oh, sei tu, Ben! Non ti avevo visto.»  «Senti, io sto andando a farmi una nuotata, eh sì! Non andrebbe anche a te di nuotare? Ma, naturalmente, devi restare qui a finire questo lavoro, eh, sì, certo che devi finirlo!» Tom contemplò per un momento il ragazzo e disse: «Cos’è che chiami lavoro?» «Perché, non è un lavoro, questo?» Tom ricominciò a pitturare, e rispose, con noncuranza: «Be’, forse lo è e forse no. Io so soltanto che si addice a Tom Sawyer.» «Oh, andiamo, non vorrai farmi credere che ti piace?»  Il pennello continuò a muoversi.  «Se mi piace? Be’, non vedo perché non dovrebbe piacermi. Capita forse ogni giorno, a noi ragazzi, la possibilità di imbiancare a calce una recinzione?» Queste parole fecero apparire la cosa sotto una nuova luce. Ben smise di mordicchiare la mela. Tom passò il pennello, delicatamente, avanti e indietro... indietreggiò di un passo per ammirare l’effetto...aggiunse un tocco qua e uno là... poi tornò a esaminare l’effetto con aria critica, mentre Ben seguiva ogni sua mossa e diventava sempre e sempre più interessato, sempre e sempre più affascinato. Infine disse:  «Ehi, Tom, lasciami imbiancare un po’.»  Tom rifletteva. Parve sul punto di acconsentire, ma poi cambiò idea:  «No, no; credo proprio che non sia possibile, Ben. Vedi, zia Polly ci tiene enormemente a questa recinzione... dà proprio sulla strada, capisci... se si trattasse della recinzione dietro casa non m’importerebbe, e non importerebbe nemmeno a lei. Sì, è tremendamente pignola per quanto concerne questa recinzione; il lavoro deve essere fatto con somma cura; non c’è un ragazzo su mille, forse su duemila, scommetto, che possa pitturarla come deve essere pitturata.  «Ah no... eh? Oh, andiamo, lasciami soltanto provare, soltanto per un po’”. Come osserva astutamente Mark Twain, autore de “Le avventure di Tom Sawyer “ per indurre un uomo o un ragazzo a bramare qualcosa, è necessario soltanto far sì che quella cosa sia difficile da ottenere. Se fosse stato un grande e savio filosofo, come l’autore del presente libro, si sarebbe reso conto, a questo punto, che il lavoro consiste in qualsiasi cosa una persona è costretta a fare, mentre il divertimento consiste in qualsiasi cosa una persona non è costretta a fare. (…) Vi sono ricchi gentiluomini, in Inghilterra, che guidano carrozze con tiri a quattro, per trenta o quaranta chilometri al giorno, in estate, perché un simile privilegio costa loro parecchi quattrini; ma, se venisse offerto loro un compenso per questa fatica, ciò la tramuterebbe in lavoro, e in tal caso darebbero le dimissioni”.

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