Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

L'obbedienza all'autorità


L'obbedienza all'autorità

Può una persona qualunque trasformarsi in un torturatore di un altro essere umano solo perché un superiore glielo ordina?



Dove arriva il potere di un ordine e quando inizia ad attivarsi la coscienza personale? … è possibile torturare un altro essere umano senza provare odio o rancore nei suoi confronti? Ci troviamo nel 1961 a Gerusalemme, dentro ad un’aula di tribunale si sta svolgendo il processo al criminale nazista Adolf Eichmann, tragicamente soprannominato l’architetto dell’olocausto. Di fronte a giurati inorriditi, il militare confessa omicidi a sangue freddo di uomini indifesi, violenze sessuali alle donne, torture a bambini di pochi anni e le terribili deportazioni di massa della “soluzione finale”,  Di fronte alla domanda di rito “cosa ha da dire a sua discolpa”, risponde con inquietanti parole “abbiamo solo eseguito gli ordini”. Una risposta che suona come un’inaccettabile scusa, perché ciascuno in cuor proprio è convinto di avere una coscienza e di potersi rifiutare di compiere una azione immorale. È più rassicurante auto convincersi che sono le persone “cattive” e senza morale a poter compiere certe azioni. Eppure milioni di persone hanno partecipato attivamente a quello sterminio. Siamo veramente sicuri che fossero tutte “cattive”?  È ciò che si chiede Stanley Milgram, psicologo sociale che domandandosi “può una persona qualunque trasformarsi in un carnefice, solo perché gli viene ordinato di esserlo?” e decide di realizzare un esperimento che passerà alla storia come uno dei più inquietanti e discutibili esperimenti che la psicologia ricordi, l’esperimento dell’obbedienza all’autorità”. Pubblica un annuncio sul giornale, dove recluta dei volontari per  ciò che presenta come un esperimento sulla memoria. Il volontario riceve dallo sperimentatore queste informazioni: l’esperimento vuole analizzare se una persona, sotto uno stato di stress doloroso, è in grado di apprendere meglio, per valutare se l’evitamento di una punizione può diventare un buon incentivo educativo. Al nostro volontario viene chiesto di leggere una serie di parole ad un soggetto “cavia” che si trova in un’altra stanza (i due comunicano attraverso un microfono) e ogni volta che il soggetto “cavia” sbaglia, il nostro volontario deve somministrargli una scarica elettrica, ogni volta di 15 volt più alta. Si parte da un voltaggio molto basso 15 volt, fino ad arrivare ad una scarica di 450 volt, potenzialmente letale. Lo sperimentatore è dentro nella stanza con il volontario. Ovviamente l’esperimento sull’apprendimento è solo un pretesto, il soggetto cavia nell’altra stanza è un complice dello sperimentatore e le scosse elettriche che il volontario crede di somministrare non sono reali, ma il nostro volontario non lo sa. Il vero intento dell’esperimento è di scoprire fino a che punto il volontario può essere disposto ad arrivare a somministrare delle scosse dolorose alla cavia, pur sapendo che possono essere molto pericolose, solo perché gli viene ordinato. Fino a dove può spingersi l’obbedienza? All’inizio il volontario comincia a leggere la lista di parole che il soggetto cavia deve ripetere e tutto sembra procedere normalmente. Dopo alcune prove il soggetto cavia commette il primo errore e riceve la sua prima scossa. Nessuna reazione. Ma di li a poco, errore dopo errore, il livello della scossa comincia ad aumentare, fino a quando, si sente provenire dalla stanza della cavia un chiaro “ahi!!!”. A questo punto il volontario inizia a manifestare segni di nervosismo, si gira alla ricerca di uno sguardo da parte dello sperimentatore che senza battere ciglio ordina “continui” … l’ansia nel volontario inizia a diventare palpabile, il respiro è pesante … legge la lista di parole … e il soggetto “cavia” sbaglia di nuovo la risposta … il nostro volontario tentenna … si volta verso lo sperimentatore che intima “ aumenti il voltaggio e somministri la scarica … è necessario per il nostro esperimento” … e di nuovo il volontario alza il livello della scossa e libera una nuova scarica … “ahi … basta … fa male!” … si sente nell’altra  stanza … ora la tensione del volontario inizia a diventare angoscia … si muove sulla sedia … si gratta il capo … sospira rumorosamente … ma quando lo sperimentatore dice “ha sbagliato, aumenti il voltaggio e liberi la scossa” … di nuovo il volontario ubbidisce … (pausa) questa volta l’urlo è agghiacciante … si sente … basta, vi prego … fa male … il volontario trema … suda … protesta … ma di nuovo continua ad ubbidire all’ordine di continuare … e il voltaggio aumenta … aumenta … fino a quando il livello del voltaggio entra nella zona di pericolo … appena varcata la soglia di pericolo si sente un grido disperato, singhiozzante , “basta, vi prego … soffro di cuore … e mi sta facendo male il petto … vi prego … interrompiamo, mi sento male” … lo sperimentatore ordina “alzi il voltaggio e somministri la scossa” … è il momento della verità … il voltaggio indica 330 V … il volontario ha tra le mani la scelta … rifiutare o somministrare una scossa che potrebbe essere molto pericolosa per la vita dell’altra persona … finalmente il momento della verità … fino a che punto può spingersi l’obbedienza? Di 40 soggetti volontari che parteciparono all’esperimento oltre il 65% somministrò la scossa di 330 V, nonostante si vedesse chiaramente in loro una profonda sofferenza nel torturare un’altra persona … nonostante tutto il 65% continuò … non solo, ma dopo questa scossa molto forte, dall’altra stanza non si ode più alcun lamento … il volontario legge una nuova sequenza di parole, ma questa volta dall’altra stanza non giunge risposta … silenzio … il volontario inizia a protestare … ha le lacrime agli occhi, trema, chiede di interrompere … forse il soggetto si è sentito male … ma ancora una volta lo sperimentatore ribatte “se non risponde si deve considerare errore … aumenti il voltaggio e somministri la scossa” … un’altra scelta difficile … ancora una volta, più del 65% dei volontari somministra la scossa e procede così fino alla scossa massima di 450 V. 



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