Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

La respirazione nell’analisi bioenergetica


La respirazione nell’analisi bioenergetica

Entriamo ora più specificatamente a trattare il ruolo della respirazione all’interno dell’analisi bioenergetica, ma, per comprendere efficacemente la sua relazione con il respiro,



incominciamo a definire che cosa è la bioenergetica. La bioenergetica è un modo di comprendere la personalità in termini dei suoi processi energetici. Questi processi, cioè la produzione di energia attraverso la respirazione, il metabolismo e la scarica di energia nel movimento, sono le funzioni basilari della vitaLa quantità di energia di cui si dispone e l’uso che se ne fa, determinano il modo in cui si risponde alle situazioni della vita[1]La bioenergetica è anche, e soprattutto, una forma di terapia che parte dall’assunto che la mente e il corpo, funzionalmente identici e reciprocamente influenzanti, subiscano l’effetto dei processi energetici. Per questa ragione, secondo l’analisi bioenergetica, per poter aiutare una persona depressa ad emergere dalla sua condizione, non è sufficiente intervenire sulla qualità dei suoi pensieri, ma è necessario intervenire anche sul livello energetico, aumentandolo tramite una respirazione progressivamente più profonda. “Quando il livello energetico aumenta tramite la respirazione profonda e la liberazione del sentire, allora la persona esce dal suo stato depressivo”[2]Naturalmente un intervento esclusivamente rivolto alla respirazione, di per sé non è sufficiente a mantenere tale cambiamento, ma è necessario un lavoro ben più ampio che verrà illustrato nel proseguo della trattazione. Ciò che in questo momento è importante osservare è come più l’energia è alta, maggiore è la vitalità dell’organismo e viceversa. Più è forte la tensione e la rigidità cronica, più è bassa la vitalità e il movimento spontaneo. Alla nascita un organismo è nel suo stato più vivo e fluido, alla morte la rigidità è totale (rigor mortis). Ogni stress, come detto, produce uno stato di tensione nel corpo che poi, in condizioni normali scompare. Se le tensioni, invece, si cronicizzano, non scompaiono con l’estinzione dello stimolo stressante che le ha originate, ma persistono limitando la motilità e l’autoespressione della persona. La qualità e il tipo di respiro di un individuo, quindi, riflettono i blocchi emotivi che costui ha sperimentato. “Un animale o un bambino piccolo respirano correttamente e, per farlo, non hanno bisogno né di istruzioni, né di aiuto. Il modo di respirare degli adulti, invece, tende ad essere turbato da tensioni croniche che ne alterano e limitano la portata”.[3] Precedentemente abbiamo chiarito l’importanza dell’ossigenazione nel determinare la vitalità di un organismo. Ma che cosa caratterizza, dal punto di vista meccanico, l’immissione e l’espulsione di ossigeno da un corpo? Non è necessario essere profondi conoscitori della fisiologia umana per osservare che la respirazione è determinata da un movimento pulsante di espansione e contrazione, dove i due momenti sono entrambi essenziali al fine di garantire il continuo ricambio gassoso. “Durante l’inspirazione, il diaframma si abbassa ed esercita una pressione sugli organi addominali (…). Inversamente, durante l’espirazione, il diaframma si solleva diminuendo la pressione sugli organi addominali: la cavità addominale si espande. Sia la cavità toracica che quella addominale alternativamente si espandono e si contraggono durante la respirazione. Con ogni movimento respiratorio avviene una trasformazione dello spazio interno.  La respirazione è il movimento tramite il quale viene stabilita la consapevolezza del ritmo. Siamo una forma nuova in ogni istante e ad ogni movimento. Spazio, ritmo e forma: le tre dimensioni che ci servono come punti di riferimento in ogni momento. Qui sta l’espressione dinamica di un sé che si organizza, si disorganizza e si riorganizza.” [4] In una respirazione sana e rilassata tutti i muscoli partecipano in maniera armonica al movimento e l’inspirazione è massima, con uno sforzo minimo. I movimenti respiratori possono anche essere immaginati come delle onde. L’onda inspiratoria comincia nella parte profonda del bacino e scorre in su fino alla bocca, espandendo tutte le cavità del corpo: addome, torace, gola e bocca. La bocca, in particolare, è molto importante poiché, se non si espande nell’inspirazione, il respiro risulta poco profondo.  Quando è profondamente contratta, soffoca l’espressione dei sentimenti e, in particolare, il desiderio di piangere e di gridare. L’ onda espiratoria, invece, ha inizio nella bocca e scorre verso il basso. L’espirazione induce un rilassamento di tutto il corpo permette di lasciare andare, insieme all’aria, anche la tensione. Va da sé che, chi ha paura di lasciarsi andare, avrà difficoltà ad espirare in modo completo. Questo tema verrà sviluppato nel capitolo seguente parlando della relazione tra il respiro e la forza vitale. Ciò che è importante ribadire è che ogni forma di respirazione che si discosta da quella ottimale, riflette le difficoltà intrinseche al soggetto. In questo caso, ad esempio, una persona con difficoltà a lasciarsi andare manterrà sempre il torace gonfio, anche dopo una espirazione forzata. Lowen identifica il torace gonfio con una modalità difensiva contro il panico, che è in relazione con la paura di non riuscire ad assicurarsi abbastanza aria. La possibilità di mantenere il torace gonfio garantisce al soggetto una riserva d’aria di sicurezza, a scapito però di una respirazione più fluida e spontanea. Chi ha paura a protendersi verso il mondo attivamente avrà difficoltà nell’inspirare, cioè a lasciar entrare parte del mondo che percepisce minaccioso, viceversa persone che espirano vigorosamente o hanno una voce potente e piena, esprimono un’espansione verso il mondo, ma anche una carica aggressiva, un andare verso, a volte contro. La respirazione è quindi in relazione anche con la voce poiché, dal punto di vista meccanico, “per emettere un suono è necessario spostare l’aria attraverso la laringe. E finchè si emette un suono si può essere certi che si respira. Purtroppo, molti sono inibiti nell’emissione di qualsiasi suono. Taluni sono vittime dell’adagio secondo il quale i bambini dovrebbero essere visti, non sentiti. Altri hanno soffocato il pianto e gli strilli perché tali espressioni incontravano l’ostilità dei genitori. Il soffocamento di questi suoni produce nella gola una grave costrizione, che a sua volta limita seriamente la respirazione.”[5] Per questa ragione è fondamentale imparare (o per meglio dire “reimparare” n.d.a.) a non trattenere il respiro e lasciare che questo si sviluppi e fluisca spontaneamente.  Una seconda buona abitudine consiste nell’accompagnare l’espirazione con un suono, in modo da renderla udibile. Relativamente a questo punto Lowen osserva che “in molti si sono formati dei problemi perché da bambini venivano severamente ammoniti a starsene quieti. Tale negazione del diritto di far uso della propria voce, può averli indotti a credere di non aver voce in capitolo in ciò che li riguardava personalmente”[6]Emettere un suono permette inoltre di diminuire sia la tensione, sia il dolore, in modo estremamente efficace. 









[1] Alexander Lowen “ Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica”, ed. Astrolabio, Introduzione, pag. 13

[2]  Alexander Lowen “La depressione e il corpo” cit. in “ Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica”, ed. Astrolabio, Introduzione, pag. 13

[3]  Alexander Lowen “ Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica”, ed. Astrolabio, cap.3, pag. 31

 [4] Carlos Briganti, “Un corpo che respira” in “Anima e Corpo” n°6, ed. FCE Riviste, pag.60

[5]   Alexander Lowen “ Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica”, ed. Astrolabio, cap.3, pag. 34

 [6] Ibidem



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