Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

Malinconia, nostalgia, depressione: le diverse forme della tristezza


Malinconia, nostalgia, depressione: le diverse forme della tristezza

Spesso intercorre molta confusione tra queste diverse condizioni dell’animo umano e nel definire le stesse.


Le persone temono ad esempio che una persona malinconica o nostalgica sia depressa, mentre la depressione è un quadro di resa al dolore che, nelle altre condizioni non c’è.

Ad ogni modo, spero di cuore, con questo articolo di dissipare dubbi e di aiutare le persone a comprendere meglio le differenze di questi stati.

Riconoscere ciò che ci affligge è il modo più efficace per superarlo, perché sono molto diverse le modalità di intervento.

Tristezza: il volto ferito del dolore

Iniziamo dal definire l’elemento comune che lega le diverse anime di questo argomento: la tristezza.

Mi sembra importante definire la tristezza come il volto ferito del dolore, per distinguerlo da un’altra reazione più agguerrita al dolore che proviamo: la rabbia.

Spesso rabbia e tristezza sono due facce della stessa medaglia, due modalità contrapposte di fronteggiare un dolore.

La rabbia reagisce al dolore in maniera aggressiva, frontale e ribelle.

La tristezza risponde al dolore in modo schiacciato, appesantito, mortificato.

Sono così intrinsecamente legate al punto che spesso usiamo una manifestazione per celare l’altra: ostentiamo rabbia, per nascondere la tristezza che proviamo o mostriamo tristezza per soffocare la rabbia che cova dentro di noi.

Ma che cos’è la tristezza, prima di tutto?

È in primis un’emozione primaria, ossia una delle basi fondamentali che ciascun essere umano ha in maniera innata dentro di sé.

La tristezza è l’emozione della perdita, ossia del sentire la mancanza di qualcosa per noi importante.

Ci sentiamo tristi quando perdiamo una persona cara o quando sentiamo di aver concluso un ciclo importante della nostra vita.

Per questa ragione è intrinsecamente legata alla felicità e al dolore di quando questa felicità finisce e per questo, per usare le parole dello scrittore  Jonathan Safran Foer  “non ci si può difendere dalla tristezza senza difendersi dalla felicità”.

La tristezza si associa al dolore, ma a differenza della risposta di rabbia che, come dicevamo, è reattiva proprio per non sentire il suddetto dolore, la tristezza lo fa entrare in modo profondo.

Ogni volta che ci si sente tristi si ha la sensazione di aver perduto qualcosa o qualcuno di importante: un bel momento, un’illusione, un’opportunità, ecc…

L’opportunità della tristezza è che aiuta a capire davvero quanto una certa cosa ha valore per noi, perché ci rendiamo spesso conto di quanto una cosa è importante, nel momento in cui la perdiamo.

La tristezza è il segnale che comunica proprio questo.

 


-La malinconia: il brusio di fondo

La malinconia è invece una sorta di “tristezza sullo sfondo” che accompagna la vita di una persona non con i tratti estremi del dolore o della disperazione.

È più come una sorta di zaino che non impedisce di affrontare il percorso, ma lo rende comunque pesante.

 E’ la patina depositata su un vetro che permette comunque di vedere al di là, ma rende l’immagine opaca.

Il malinconico ha spesso la sensazione di una tristezza che non sempre ha una motivazione chiara, a differenza della nostalgia, dalla tristezza o dalla depressione.

È la sensazione che, anche se le cose complessivamente vanno bene, manca qualcosa, ma non si sa bene cosa.

Spesso la personalità malinconica si associa ad una personalità sognante, romantica, sensibile che, proprio in virtù di tali caratteristiche sente di vivere in un mondo più povero dei suoi desideri e, di conseguenza, si sente malinconica.

Vivo la mancanza di ciò che non ho vissuto”, sembrano dire i suoi occhi.

Soffro perché non so cosa mi manca e non so cosa volere” potrebbe essere il riassunto di questa condizione o, per dirla con le parole di Lev Tolstoj è un “desiderio di desideri”.

La malinconia, nonostante sia dolorosa, può essere anche una risorsa perché offre alcune “opportunità”.

Prima di tutto ci mette in una condizione molto creativa.

La malinconia è la condizione che accompagna la vita di molti artisti, basti pensare a Giacomo Leopardi o ai decadenti poeti francesi; Rimbaud, Verlaine, Mallarmè e Baudelaire che addirittura coniò il termine “spleen” per indicare quella condizione triste del poeta sognante e disilluso.

Pensiamo a quanto possono essere creativi gli adolescenti sognanti quando attraversano le delusioni amorose o le crisi esistenziali.

Inoltre la malinconia conduce ad una condizione maggiormente introspettiva di sé, porta a rallentare dalla frenesia quotidiana, a prendersi necessariamente tempo per sé, purchè non diventi un compiangersi in un buco nero.

 



-La nostalgia: l’agrodolce sapore dei ricordi

Diversa dalla condizione di nostalgia che rappresenta una condizione mista di gioia e tristezza.

Proviamo nostalgia quando ricordiamo e sentiamo la mancanza di qualcosa di bello che abbiamo perduto, ma il ricordo del quale fa emergere ancora anche il piacere dei bei ricordi.

Il sapore è appunto agrodolce perché sulle labbra affiora un triste sorriso e sugli occhi le lacrime della mancanza.

Da un lato c’è il sorriso del piacere del ricordo, dall’altro c’è il dolore per la fine di quei momenti.

Per dirla con le parole del sommo poeta: “Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice

ne la miseria”.

Spesso questa condizione aumenta con il passare del tempo perché aumentano sempre di più i ricordi e le belle esperienze concluse.

La nostalgia è proprio questo: il rimpianto dei bei tempi che furono perché, come dice lo scrittore Caramagna “la nostalgia è l’unica foto che guardo di te”.




-          La depressione: la resa a se stessi, agli altri, alla vita

Totalmente diversa è invece la depressione che rappresenta un quadro clinico più complesso e problematico.

Da un lato arriva fino ad una condizione patologica vera e propria, ma è profondamente diversa dal punto di vista dinamico e del significato connesso a tale condizione.

Quando parliamo di depressione, infatti, stiamo parlando di una condizione di resa.

In altre parole la persona si arrende ad un problema o ad una situazione nei confronti dei quali non è riuscita a trovare soluzione e quindi alza bandiera bianca.

Dal punto di vista del “bersaglio”, generalmente possiamo individuare tre tipologie depressive:

depresso verso sé stesso, depresso verso gli altri e depresso verso il mondo.

Il primo caso riguarda chi si arrende nei propri confronti e, di solito, tende alla delega o alla richiesta di aiuto.

Siccome io sono un fallito, un incapace, un inetto mi arrendo alla mia incapacità e delego agli altri “fate voi perché io non sono in grado a causa della mia condizione”.

Il secondo caso riguarda chi si deprime perché sente di aver subito un tradimento o un torto da parte degli altri.

“Io ho fatto tanto per gli altri e loro invece se ne sono approfittati in vari modi”.

L’aspettativa è che gli altri lo debbano risarcire per ciò che ha subito.

Il terzo caso riguarda invece la depressione verso il mondo, tipica delle persone che sentono di avere principi e valori molto alti e che non vengono considerati dagli altri e si ritira dal mondo perché questo “non lo merita”.

Sono spesso persone idealiste o con forti morali.

Spesso questa è la versione “patologica” della malinconia.

La depressione è il suicidio della rinuncia quotidiana, magnificamente espresso dalla splendida poesia “lentamente muore”, che nei suoi ultimi versi ricorda che “evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare”.

- "i volti della depressione"  Muriana, Pettenò, Verbitz 

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