Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

I ricatti dell’amore: quando l’amore diventa “tossico”


I ricatti dell’amore: quando l’amore diventa “tossico”

È un titolo molto forte, ma credo sia significativo per comprendere come e quanto,



anche un sentimento fortissimo come quello dell’amore, possa trasformarsi in una prigione morbosa e malata che, facendo leva sul senso di colpa o sul ricatto, lega l’altro non con l’abbraccio del piacere, ma con la colla della dipendenza, del senso del dovere e della sofferenza. Qualche giorno fa, in una serata con amici e amici di amici, uno di questi ultimi, una donna che chiameremo C., parlando di sé, mi ha raccontato una dolorosa situazione nella quale si trova da tempo. Figlia di genitori anziani, C. è sempre stata “costretta” a restare nella casa natale. Ogni suo tentativo di raggiungere un’autonomia è stato sabotato facendo leva sull’amore, molto forte, che questa donna prova nei loro confronti. Quando, quindici anni fa, si iscrisse all’università  in un’altra città, la madre ne fece letteralmente una malattia, entrando in depressione e minacciando di non voler più assumere i farmaci quotidiani (la madre è cardiopatica). Il padre, colludendo con questa manipolazione, chiamava ripetutamente C. e, piangendo, le diceva che con questo suo “egoismo” avrebbe ucciso la mamma. A questa situazione si aggiunge il fatto che C. è stata adottata da questa famiglia e che è stata cresciuta con il messaggio apparentemente amorevole, ma in realtà profondamente distruttivo per l’autostima “non ti preoccupare se anche i tuoi genitori ti hanno abbandonato, noi non ti abbandoneremo mai”. Riuscite a cogliere quanto sia vincolante questo messaggio? Fa leva sul fatto che lei è una rifiutata, che loro la amano comunque e che per questo dovrebbe essere ancora più riconoscente. E il colpo di grazia è la frase finale “noi non ti abbandoneremo mai”, e che implicitamente, fa sentire in colpa la donna per ogni tentativo di autonomia, vissuto dalla famiglia come un abbandono da parte di lei. Chiaramente, in un misto di riconoscenza, senso di colpa, dispiacere nel procurare dolore a chi si è preso cura di lei, diventa molto difficile seguire il proprio percorso. Lo stesso problema C. lo incontra nelle sue relazioni amorose, sabotate sistematicamente da opportune “crisi” di salute da parte degli anziani genitori, attacchi d’ansia e ammonimenti su quanto “provare è il primo passo verso il fallimento”. Nonostante la sofferenza che questa situazione le procura, C. sostiene che dopotutto questo attaccamento morboso è un segnale del fatto che loro la amano, tengono a lei e vogliono proteggerla. In realtà è un’illusione, la stessa che scatta nelle donne vittime di violenza che giustificano le botte del coniuge, sostenendo che questa violenza è indice di attenzione e quindi di amore. Giustificare i ricatti affettivi e le violenze agite da chi amiamo, è un meccanismo psicologico per soffrire meno e continuare a tirare avanti, ma continuare a tirare avanti è un modo per non cambiare. 



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